venerdì 31 dicembre 2010

vaffanculo 2010

vaffanculo, per iniziare, a quel branco di falsi, invertebrati e pezzi di merda che popolano l'azienda in cui lavoro, e soprattutto
vaffanculo alla triade di buffoni che mi ha trombato;
vaffanculo a questa classe politica di coatti, beceri, analfabeti e avanzi di galera che governa questo cazzo di Paese, e soprattutto
vaffanculo a chi li ha votati;
vaffanculo ai debiti che dovrò estinguere e soprattutto 
vaffanculo a chi mi ci ha messo in questa situazione, ostinato nel mantenere un tenore di vita
troppo al di là delle proprie possibilità;

vaffanculo alle ernie lombari che torturano mia moglie e soprattutto
vaffanculo alla sanità di merda che arriva al punto che ci vogliano sei mesi per approvvigionarsi di materiali di consumo per interventi chirurgici;
vaffanculo a chi lavora con i bambini e sostiene che "sono tutti uguali" e soprattutto 
vaffanculo a chi crede loro;
vaffanculo anche a tutti quelli che fanno un lavoro pur non essendone capaci e soprattutto
vaffanculo a chi ce li ha messi;
vaffanculo a chi fa tornare indietro di 100 anni i diritti dei lavoratori e soprattutto 
vaffanculo a chi gli regge le palle sputando sopra lo Statuto dei Lavoratori e facendo votare a favore di contratti di merda;

vaffanculo a chi si crede sto cazzo e pensa di essere superiore agli altri e soprattutto 
vaffanculo a chi glielo fa credere;
e poi:
vaffanculo a chi non paga le tasse,
vaffanculo a chi fa cacare i cani per strada e non pulisce,
vaffanculo a chi parcheggia in doppia fila,
vaffanculo a chi non rispetta le code,
vaffanculo a chi ti urta e non chiede scusa,
vaffanculo a chi non si sporca le mani,
insomma, una bella dose di
vaffanculo, con la speranza che questo anno di merda esplodendo si porti via un po' di spazzatura umana e che il 2011 sia, per me e per le persone a cui tengo, un po' meglio di quello che è stato questo schifo di 2010.






mercoledì 29 dicembre 2010

La favola dei Folletti Alemanni

Bambini, state buoni e tranquilli, su, venite qui intorno a me che voglio raccontarvi una storiellina.......

Ma lo sapete che a Roma ci sono i folletti?

Sì, proprio così, e sono una specie particolare di folletti, i Folletti Alemanni.

I Folletti Alemanni vivono di notte e di giorno dormono sotto il manto stradale; sono piccoli piccoli, più o meno alti due pollici, ma sono fortissimi! Pensate che in quattro riescono a sollevare un tombino!
Eh sì, altrimenti la notte non potrebbero andare in giro per le strade; i tombini infatti sono per loro come la porta di casa che si apre sul mondo esterno.

I loro nomi sono: Littorio, Imperio, Fascetto, Avanguardio, Giovinezzo, Benitino, Ducetto. 
Si, avete contato bene, sono sette come i sette nani.
Ma sono proprio dei dispettoselli, sapete? Eh sì.

La notte girano sotto le strade e si nutrono di pezzetti di radici di alberi secolari; queste radici, che sono la loro unica fonte di nutrimento, dànno loro anche un bel po’ di euforia, e quindi con la pancia piena e tutti belli allegrotti escono dai tombini per fare degli scherzi.

E sapete qual è il loro scherzo preferito?

Tappare le buche che ci sono per le strade ed aprirne altre nelle immediate vicinanze!

Non è carino come scherzo? No? Ma come, pensateci un po’ su.

Il mattino successivo, tutti gli abitanti della Capitale che escono con l’automobile, con la moto, lo scooter, la bicicletta, che il giorno avanti si erano imbattuti in una buca e che, se rimasti vivi e col loro mezzo ancora sano, avevano memorizzato la posizione della buca nel percorso in maniera di non doverci di nuovo finire dentro il giorno dopo, piomberanno inesorabilmente non nella buca che avevano visto il giorno prima, ma in una nuova buca apertasi a pochi centimetri da quella!

Che forti ‘sti folletti, eh?

Delle volte poi cambiano scherzo e non tappano nemmeno la buca vecchia, in maniera tale che il giorno dopo di buche invece che una ce ne saranno due una vicina all’altra!

E pensate che molti degli abitanti di Roma non sanno della loro esistenza o non vi credono se qualcuno lo racconta loro.
Solo alcuni abitanti ci credono, e sapete chi sono?
Sono quelli miracolosamente rimasti illesi dal crollo improvviso di un albero secolare, crollo improvviso dovuto all’impoverimento delle radici causato dai morsetti dei Folletti!

Che storia, eh bambini?

Vi è piaciuta? Spero di sì.

sabato 25 dicembre 2010

Strategie per sopravvivere in azienda: dalle divergenze sulle virgole un esempio applicabile in maniera più estesa

Aneddoto-autobiografico:
Ho svolto (ahimé tanti anni fa….) il servizio militare come sottotenente nel corpo tecnico dell’esercito.
Nel nostro lavoro (lavoro è veramente un’esagerazione….) ci capitava talvolta di scrivere delle note tecniche su delle prove effettuate, note che poi sottoponevamo al vaglio del colonnello a capo della sezione.
Ora, questo personaggio, un tipo piuttosto colto e raffinato che qualche volta è comparso anche in tv interpellato come esperto, aveva un vizio terribile: quello di non essere mai d’accordo sulla posizione e sull’opportunità delle virgole e questa sua idea non sempre era in linea con le regole della sintassi.
Puntualmente era tutto un “qui io metterei una virgola”, oppure “eh no qui la virgola non va”.
Arrivò il giorno in cui, dovendo sottoporre la mia nota al solito turbinio di virgole, decisi di non mettere nemmeno uno di questi graziosi segni d’interpunzione nel testo; andai dal colonnello e gli feci leggere la nota.
Subito lui disse col suo solito tono pacato, ma autorevole e sempre piuttosto snob: “ma non ha messo nemmeno una virgola!”.
Ed io risposi: “Ah, ha ragione, Signor Colonnello” e facendo finta di estrarre qualcosa dalla tasca, dissi “ecco qua, gliene ho portate un po’ in questo sacchettino, faccia lei…..”.
Lui mi guardò, dapprima un po’ alterato, ma poi con perfino un mezzo sorriso, disse “vada, vada, e mi porti la nota con le virgole messe dove lei meglio ritiene…….”.
Da quel giorno in poi, però, fino al mio congedo, non mi fu mai più corretta una virgola…………

Da questo piccolo accadimento, quando ho avuto a che fare con persone che hanno la mania di correggere anche quando non serve, come per dare la propria impronta ad un documento (ma allora scrivitelo tu, no?), ho sempre adottato atteggiamenti simili.
E’ inutile affaticarsi a scrivere tanto e ad essere pignoli quando si ha a che fare con questi finto-perfezionisti, tanto a loro non andrà mai bene.
Quindi invece di dire direttamente “ma allora scrivitelo da solo….”, scrivo delle cose molto approssimate e scarne, in modo che il perfezionista dei miei coglioni non scriva il documento, ma me lo detti…..
Eh sì, cari amici, io in quel posto non ci sto più bene, e allora: massimo risultato col minimo sforzo.


venerdì 17 dicembre 2010

Tecniche di comunicazione aziendale: l’arte della divulgazione delle notizie.


Una delle tattiche più utilizzate in certe aziende per comunicare cambiamenti (in peggio, è ovvio) è quella di far circolare le notizie prima della loro ufficializzazione in maniera tale da “assuefare” i dipendenti e non avere reazioni “spiacevoli” nei momenti liturgici di attuazione dei cambiamenti.
Per far ciò si fa uso di alcune figure che io definisco come “ripetitori aziendali”.
Tali figure possono non essere sempre le stesse persone, ma possono anche variare in base al tipo di notizia e anche alla sua gravità.
I ripetitori possono inoltre essere “volontari” o “involontari” e possono differenziarsi anche in “lineari” e “distorcenti”.
Li presenterò di seguito in ordine di meschinità decrescente.
Ripetitore volontario distorcente: è il peggiore di tutti e di solito è una figura molto vicina al vertice aziendale, sia per gerarchia che per innate attitudini al lecchinaggio. Viene appositamente incaricato dal vertice con il compito di diffondere la notizia rendendola più grave di quanto essa non sia nella realtà, in maniera tale che quando la notizia verrà divulgata ufficialmente tutti (tranne i più smaliziati) tirino un sospiro di sollievo dicendo “menomale che sono tornati indietro un po’ rispetto alle volontà iniziali….”.
Esempio: l’azienda ha deciso di far fare cassa integrazione; cosa fa? Chiama i suoi ripetitori volontari distorcenti e dice loro di mettere in giro la notizia che l’azienda sta pensando di mettere in mobilità 30 persone. Quelle pecorelle smarrite dei dipendenti, origliata la notizia, incominciano a dire tra di loro e al sindacato “non possiamo permetterlo, proponiamo magari in alternativa di fare cassa integrazione più o meno diffusa tra tutti”.
Quando l’azienda comunicherà “farete cassa integrazione, e questa toccherà quasi tutti voi”, le pecorelle smarrite tireranno un sospiro e penseranno “beh, mal comune mezzo gaudio” ed il sindacato urlerà “abbiamo vinto!”.
Ripetitore volontario lineare: usato dall’azienda quando la notizia è seria, ma non grave e quindi non vi è necessità alcuna di distorcerla durante la veicolazione. Quando si verrà  a conoscenza in maniera ufficiale dei fatti, nessuno ne rimarrà sorpreso. Anche in questo caso i ripetitori sono molto vicini al vertice aziendale.
Esempio: l’azienda chiuderà il bilancio in pareggio e quindi non erogherà il premio di risultato, valido solo in caso di attivo. I ripetitori lineari diffonderanno opportunamente la notizia con largo anticipo in modo che  quando verrà comunicata in sede ufficiale le pecorelle dipendenti diranno, “vabbè è quello che si sapeva già da tempo….”.
Ripetitore involontario lineare: di questa tipologia fa parte la maggioranza della schiera dei ripetitori e in questo caso non è necessaria la loro vicinanza ai vertici aziendali; basta un piccolo incontro alla macchina del caffè o al bar della mensa (voluto o no dal vertice aziendale) e dopo pochi secondi la notizia è già partita per il suo giro di divulgazione, rimbalzando da ripetitore a ripetitore.
Anche in questo caso, come per il volontario lineare, l’azienda usa questi ripetitori per notizie serie, ma non gravi.
Esempio: la direzione decide di non erogare più il premio in denaro a chi raggiunge 20, 30 o 35 anni di anzianità in azienda. Qualche tempo prima di comunicare ufficialmente la notizia, l’amministratore ed un direttore, al bar della mensa, si accorgono della presenza di un ripetitore. L’amministratore, dopo un cenno d’intesa col suo reggi palle, dice “dobbiamo farla finita con questo premio, è un vecchio retaggio di tempi andati…..”. Dopo pochi minuti tutti i diretti interessati avranno ricevuto la notizia che il premio è stato abolito; si incazzeranno, certo, ma siccome la notizia è giunta loro come voce di corridoio aspetteranno la sua ufficializzazione, che però avverrà mesi dopo, quando ormai la tensione si sarà allentata e si dirà “mah, lo si sapeva da tempo…….”.
Ripetitore involontario distorcente: diciamolo, è il più cretino di tutti, non capisce fischi per fiaschi o pero per pomo, ma fischi per pomo. Viene utilizzato quando non si vuol far sapere nulla del vero. Il bello è che la direzione non deve far null’altro che dire la verità, e questa verrà completamente stravolta senza sforzo alcuno. Si può utilizzare sia per notizie gravi che non, non ha importanza.
Esempio: l’azienda non vuol far sapere che non intende rinnovare i contratti di lavoro interinale. Bene, in presenza del ripetitore involontario distorcente dirà esattamente quello che vuol fare; in pochi minuti nei corridoi girerà la notizia che l’azienda si batterà per migliorare le condizioni di lavoro degli interinali e che intende cambiar loro il contratto……

sabato 6 novembre 2010

The king of packaging

The king of packaging

È così che mi definisco, ironicamente, ovvio.
Eh già, il fatto è che io con gli imballaggi, gli incarti, le buste, i plichi, i pacchi, gli involucri vari, con tutto quello cioè che ai nostri tempi viene definito "packaging", ci litigo.
Odio aprire le buste: o sono di quelle ad apertura facilitata, o finisco per strappare tutto rischiando di provocare danni al contenuto (se cartaceo).
Uso gli oggetti più impropri per praticare tagli sulle scatole chiuse col nastro; una volta creata un'apertura ci infilo le dita e strappo con violenza.
Le scatole degli sciroppi di mio figlio le si riconosce da chi è stato l'ultimo tra me e mia moglie a riporle: mia moglie le richiude rimettendo le alette e il coperchio, io le alette le lascio giù infilandoci la bottiglietta. Ma mi spiegate a che cazzo servono quelle alette?
Tra l'altro delle volte mi si rompono in mano e devo beccarmi anche le cazziate di mia moglie.... 
Il fatto è che a me certe operazioni di richiusura stanno sulle palle quando non ne comprendo l'utilità.
Spesso litigo anche con quelle chiusure ermetiche delle buste, quelle con le due listelle che dovrebbero incastrarsi longitudinalmente, tipo quelle che si trovano anche all'Ikea....
Vogliamo poi parlare dei pacchetti di patatine, di crackers, del pane a fette, della pasta?
Giorni fa un pacco da 1 kg di pasta, sentitosi nelle mie mani ha pensato bene di esplodere autodistruggendosi piuttosto che finire torturato da me, spargendo tutto il suo contenuto minicilindrico per tutto il reparto.....

Ora capite perché mi autodefimisco il re degli imballaggi.

domenica 17 ottobre 2010

Basta un po' di vento...........

L'altroieri ero in macchina per l'ormai consueto andirivieni del venerdì, non ricordo nemmeno che ora fosse. Il tempo non era bello, si alternavano nuvole e sole e arrivavano improvvise folate di vento. 


Era la classica situazione da tempo instabile. 


Questa instabilità mi costringeva a fare su e giù con i finestrini: "però, sto venticello, tiro su..... sì però adesso c'è caldo, tiro giù.....".
La radio, la stazione locale che ascolto quasi sempre, stava trasmettendo una versione live di "Daughter" dei Pearl Jam e ad un certo momento, una folata di vento dal finestrino mi ha colpito il viso e la mia mente, per un tempo che penso non sia durato più di 2 secondi, è stata trasportata in quel live. 


Era come se fossi lì.


Con mio sommo dispiacere non ho mai assistito ad un live dei Pearl Jam, ma mi sono ricordato di quando spesso andavo ai concerti all'aperto e ad una cert'ora, spesso verso la fine dello spettacolo, si alzava un vento che si faceva strada tra la muraglia umana e arrivava a colpirmi risvegliandomi magari da quella sorta di "trance musicale" in cui a volte mi trovavo immerso; come per dirmi "oh, sveglia eh? ricordati che sei un umano e che fra un po' dovrai tornare a casa....".


Beh, in effetti a volte basta poco, non trovate?


sabato 16 ottobre 2010

Difficoltà di espressione del pensiero

Appare senza dubbio ovvio ai più tra di di voi quattro gatti che mi leggete, che vi possano essere periodi in cui la creatività non accompagna con egual passo il desiderio di comunicare qualcosa che possa risultare anche di minimo interesse.
Voglia di scrivere ce ne sarebbe pure, ma la dura realtà è che non riesco a trovare, tra i tanti pensieri che popolano il mio organo cerebrale, uno che possieda i requisiti giusti per essere portato alla luce con chiarezza tale da poter risultare facilmente tradotto in scritto; facilmente perché a quest'ora non riesco ad affrontare cose difficili.
Ci vorrebbe, che so, una specie di arpione, di uncino, per afferrare il capo di uno dei pensieri intrecciati, stirarlo, farlo uscire dal groviglio ed esaminarlo, magari con l'ausilio di una piccola luce fredda da passare avanti ed indietro per osservare il suo stato, per vedere quanto esso sia perfetto o viziato dalla posizione assunta per un certo periodo di tempo, per misurarne la lunghezza e decidere se esso sia tale da poter essere trasferito in rete in pochi minuti e se possa risultare comprensibile e di facile lettura per chi magari si trovasse a passare di qui.
Ma, cari amici, questo non è sempre possibile.
Stasera, e da qualche giorno, l'arpione si è perso e quindi i pensieri non vengono fuori dal groviglio, e se mai ne venissero fuori la luce che occorrerebbe fredda sta assumendo toni troppo caldi e soffusi che non consentirebbero un esame appropriato e non porterebbero a nessuna conclusione concreta, tangibile, leggibile.

Bene, però una cosa sono riuscito a farla: ho svolto un piccolo esercizio di stile per dirvi quello che avrei potuto dire in maniera più semplice, e cioè che sono giorni che non ho un cazzo da scrivere.

'Notte, eh?

lunedì 11 ottobre 2010

Il declino del PD lo si legge dai manifesti

Stamattina ero in macchina in una zona a sud di Roma e passando sotto un cavalcavia ho notato che un muro era completamente tappezzato di manifesti del PD locale contro la "riforma" (sarebbe meglio chiamarla: distruzione del pubblico a favore del privato) della sanità laziale dell'ex camerata Polverini.
Mi dico: "bene, è ora di cominciare a tappezzare i muri denunciando le schifezze che questa combriccola sta perpetrando".
Il fatto è che gli "amici" del PD non sanno più nemmeno dove stanno.
Perché?
Perché tra i paesi indicati, che si troveranno senza più ospedale, c'è ARRICCIA, sì, avete letto bene, non ARICCIA, con una R sola.
Schiavi del correttore automatico?
Sì, ma cazzarola, un coglione che guarda la bozza prima di mandare il manifesto in stampa no, eh?
Con questa organizzazione lontano non si va......
Mi spiace di non aver potuto fare la foto, stavo guidando e non potevo accostare, ma se mi ricapitano per strada scatto e posto......

mercoledì 6 ottobre 2010

Nemo propheta in patria sua

Mai detto più azzeccato di questo per descrivere la situazione che vivo da anni, situazione che mi spinge sempre di più a "riconsiderare la mia presenza" nell'azienda dove lavoro da più di 20 anni.
E' vero, per molti è così: si ricevono più attestazioni di stima e di rispetto al di fuori del proprio ambiente di lavoro.
Quando vado in giro per le visite ispettive, quando vado a fare il docente nei corsi, quando parlo con gli esterni all'azienda tutti mi riconoscono competenza ed in un certo senso "prestigio" nei campi nei quali lavoro ormai da anni e nei quali una piccola posizione me la sono guadagnata.
Rientro qui e trovo sempre le solite teste di cazzo, le stesse che hanno avuto la faccia da culo di dirmi che non sapevo fare il mio lavoro, lo stesso lavoro per cui all'esterno sono persona rispettata.
Tutte le mattine mi guardo allo specchio e mi dico "ma che cazzo ci stai a fare ancora lì?".
Già, che ci faccio qui?
Galleggio, in attesa di trovare uno straccio di rotta verso una condizione migliore......

domenica 3 ottobre 2010

Mah, permettetemi di essere scettico e controcorrente....

Dunque, cercano di attentare alla vita di Belpietro (?????) e subito dopo gli amici e i suoi datori di lavoro ne approfittano per individuare nel "popolo di internet" le radici del "clima d'odio", mah......
'Sta cosa puzza di pesce marcio.....

giovedì 30 settembre 2010

La classe dei ravanatori avanza (come sempre)

La dimostrazione che ormai siamo una Nazione allo sbando (più che ormai direi piuttosto da sempre) non sta solo nella quantità e gravità di nefandezze che combina "la casta" che governa e amministra il Paese, ma è da sempre radicata fino alle più basse sfere del comando.

La stragrande maggioranza dei nostri connazionali che arriva a ricoprire un qualsiasi ruolo direttivo, appena avuto l'incarico fa essenzialmente 2 cose:

  1. Si informa su quali siano i suoi privilegi (ad esempio macchina aziendale, supersmartphone, pc portatile dell'ultima generazione, assicurazione sanitaria, monitor da 60" al plasma per le videoconferenze, sala riunioni con tavolo in legno massello, ufficio con doppio finestrone, per non parlare dello stipendio....) e li pretende immediatamente, come riconoscimento tangibile del proprio ruolo.
  2. Studia tutte le modalità per sfuggire alle responsabilità che il ruolo assegnatogli comporterebbe, per non avere rotture di coglioni e veleggiare in alto come uno Zeppelin fino a che si può; quindi vai con le deleghe di responsabilità e con l'assistenza continua di un legale prima di mettere una qualsiasi cazzo di firma su un qualsiasi documento.

Le due azioni principali di una certa classe dirigente sono quindi:

Il ravanamento

Azione continua e giornaliera che si esplica nell'arraffare tutti i privilegi e i vantaggi che il proprio ruolo può avere, fin nelle piccole cose, con un atteggiamento da "oggi ci sono, domani chissà, quindi acchiappo finché posso".

Lo svicolamento

Azione anch'essa continua e giornaliera atta ad evitare ogni responsabilità o coinvolgimento diretto nelle decisioni da prendere in Azienda.

Certi atteggiamenti poi vengono attentamente mascherati.

Ad esempio sono venuto a sapere che in occasione dell'ultima sorveglianza sanitaria in azienda (in gergo comune: si fanno analisi del sangue e delle urine alle persone che fanno lavorazioni che potrebbero avere ripercussioni sulla propria salute), il nostro Duce si è fatto anche lui prelevare il sangue e ha portato le sue preziose urine insieme alle maestranze.
Un bell'atto populista che nasconde l'istinto ravanatore: farsi fare le analisi senza cacciare nemmeno un centesimo.

Che grande Paese che siamo........

mercoledì 29 settembre 2010

Side-pissers, ovvero: quando una progettazione errata si scontra con un cervello bacato.

Nell’Azienda dove lavoro alcuni bagni del corridoio della direzione, destinati a raccogliere e a veicolare le regali deiezioni dei membri del gotha aziendale, sono progettati alla cazzo di cane (per usare una terminologia tecnico-scientifica).
Il wc, dalla caratteristica forma ellissoidale, è infatti posto in maniera tale da avere il suo asse maggiore orientato parallelamente al piano verticale dell’uscio (vedi foto) e non come di solito è, soprattutto nei bagni dove lo spazio è esiguo, in maniera ortogonale ad esso.


Ora, questo errore di progettazione, si scontra con la deviazione mentale dei manager aziendali (o almeno di alcuni di loro) causando il fenomeno, denominato da me e da un mio esimio collega, come side-pissing.
In che cosa consiste il side-pissing?
E’ l’effettuazione della deiezione urinaria orientando il getto non lungo l’asse maggiore dell’ellissoide, ma lungo quello minore; il fenomeno è comprovato dal fatto che l’uomo comune che si reca occasionalmente in quelle latrine, ponendosi nella giusta direzione, magari dovendo sì faticare un po’ vista la ristrettezza degli spazi, nota due zone di sgocciolamento a destra e a sinistra del wc e non il solito sgocciolamento davanti alla parte anteriore. Tra l’altro essendo il wc molto vicino alla parete, mote volte si notano macchie anche sulle piastrelle a muro.
Ma il manager spesso non è uomo comune.
Innanzitutto va sempre di fretta, quindi entra nel bagno e orina senza chiudere la porta dando le spalle a chi eventualmente entrasse in modo tare da non farsi cogliere col membro (enorme o striminzito che sia) nell’atto della minzione.
Per giunta il manager, assorto nei pensieri organizzativi-aziendali (cioè come ravanare altri privilegi possibilmente senza rischiare un cazzo), non guarda mai dove dirige il getto, ma orina a testa alta.
Facendola quindi lungo l’asse più stretto e non guardando dove si orienta il getto, si ottengono due zone di caduta al di fuori della coppa del cesso: una dalla parte opposta del wc (quella generata dalla parte iniziale della minzione) e una diciamo tra il wc e le scarpe della persona (quella della parte finale).
Ecco quindi, come un errore di progettazione può trasformare un semplice manager in un paladino dell’asse minore……